Valutazione performance call center: ecco i KPI da considerare
Da sempre, le aziende si interrogano su come effettuare una corretta valutazione delle performance del call center. Solo in questo modo, infatti, possono intraprendere un percorso decisionale finalizzato a massimizzarne l’efficienza.
Il call center ha una particolarità: è una divisione aziendale in cui tutte le attività vengono monitorate da sempre. Per questo, valutare le performance del call center significa sfruttare strategicamente gli Indicatori di Performance (Key Performance Indicator, o KPI), un elemento chiave della governance, nonché punto di partenza di ogni percorso di ottimizzazione.
Scegliere i KPI per la valutazione delle performance del call center
Scegliere i KPI corretti per la valutazione delle performance del call center è una delle grandi sfide di un customer service manager. Le difficoltà riguardano molti aspetti:
- ogni gruppo di stakeholder (agenti, supervisori, manager…) deve avvalersi di KPI personalizzati in funzione dei propri obiettivi;
- i KPI vanno rivalutati di continuo per riflettere le esigenze di un cliente e di un business in perenne evoluzione;
- i KPI vanno suddivisi per attività e obiettivo: per esempio vendite, customer satisfaction, produttività ed engagement degli operatori.
I 10 Key Performance Indicator (KPI) più comuni
’è solo una certezza quando si tratta di gestire un call center: l’elenco dei KPI che si potrebbero utilizzare è potenzialmente infinito. Ogni azienda, però, è diversa dall’altra: ha obiettivi differenti e modalità diverse per raggiungerli. Anche se sarebbe pratico, non è dunque possibile identificare i KPI migliori in assoluto: piuttosto, è utile fare una selezione di quelli adottati con maggiore frequenza, in modo da fare chiarezza e avere un approccio consapevole e scegliere quelli più adatti alle proprie esigenze. Il tutto, ovviamente, avendo già ben definito i propri obiettivi: senza questo requisito, il rischio è di ritrovarsi a dover fare i conti con dashboard colme di cifre e grafici senza alcuna reale utilità. Vediamo dunque i 10 KPI più comuni, ovvero il punto di partenza per identificare i migliori parametri per le proprie esigenze:
- First Call Resolution, cioè la capacità di soddisfare le esigenze del cliente mediante un unico contatto con il call center. Si tratta di un parametro estremamente importante e diffuso poiché, a seconda dei casi, può dimostrare la professionalità degli agenti, la complessità delle questioni che vengono poste, il grado di preparazione degli operatori e anche la quantità di problematiche ripetitive, la cui soluzione potrebbe essere (eventualmente) automatizzata.
- Tasso di abbandono. È la percentuale di chiamate che non raggiungono l’operatore poiché vengono terminate precedentemente. Questo parametro dà un’idea dell’efficienza della struttura nel suo insieme e della capacità di garantire una buona customer experience.
- Tempi medi di gestione, ovvero – nel caso del call center – la durata della conversazione telefonica con l’agente. I tempi di gestione dipendono dal servizio erogato dal call center, dagli obiettivi degli operatori e dalla complessità delle questioni che vengono poste. È dunque un indicatore delle performance degli agenti ed è determinato da un’infinità di cause diverse.
- Tempo medio di risposta. È la misurazione del tempo di attesa del cliente prima di poter parlare con un operatore: comprende i tempi delle code, ma non quelli di navigazione nei sistemi IVR. È un altro ottimo indicatore dell’efficienza della struttura, nonché fondamentale per verificare la conformità con i livelli di servizio.
- Aderenza alle procedure. In ogni call center, l’attività dell’agente è un mix di skill personali e aderenza alle procedure definite (come gli script o percorsi di escalation). Supponendo che i processi siano effettivamente efficaci e indirizzati alla massima produttività, verificarne il rispetto è un modo per valutare la capacità del call center di gestire momenti di particolare pressione.
- Tempo medio in coda. Può essere difficile da valutare, poiché dipende dal volume delle chiamate: nelle ore di punta, se il numero di operatori rimane lo stesso, si verificheranno inevitabilmente dei rallentamenti. Se queste tempistiche risultano troppo lunghe il messaggio che se ne deve trarre è chiaro: occorre assumere più personale.
- Customer Satisfaction (CSAT). Si tratta senza dubbio di uno dei KPI più utilizzati: la soddisfazione del cliente è in cima alla lista delle priorità per ogni business. Solitamente, il CSAT viene misurato chiedendo direttamente alle persone come giudicano il servizio ricevuto. Questo feedback viene inviato immediatamente al termine di una chiamata: un’ottima occasione per monitorare anche in tempo reale l’efficacia degli operatori.
- NET Promoter Score. L'NPS misura la disponibilità dei clienti a raccomandare il marchio ad altre persone su una scala da -100 a 100. Avere un NPS alto significa poter contare sulla forza del passaparola, averlo basso richiede di rivedere le modalità di servizio e di interazione con i clienti per renderle più soddisfacenti ed efficaci.
- Tasso di occupazione. Si tratta della percentuale di tempo che gli operatori del call center trascorrono in attività correlate alle chiamate. Il lavoro viene svolto in maniera ottimale se questa cifra è compresa tra il 75 e l'85%. Può sembrare controintuitivo: perché l’obiettivo non dovrebbe essere il 100%? Ebbene, registrare un'occupazione del 100%, significa non lasciare nemmeno un secondo tra una chiamata e l'altra, ovvero avere operatori che lavorano letteralmente come macchine. Un'eventualità non sana da un punto di vista sia etico che strategico: gli agenti che non dedicano tempo a discutere i loro casi con i colleghi perdono l'opportunità di apprendere gli uni dagli altri nuovi modi per aiutare i clienti, non prendono appunti dopo una chiamata, non partecipano a sessioni di formazione. Uno svantaggio per tutti: agenti, clienti, business.
- Tasso di turnover degli agenti. La questione è semplice: un dipendente felice non lascia l’azienda, lavora meglio e porta risultati migliori. Quindi, più il tasso di turnover (entro certi limiti temporali) è basso, migliore sarà il rendimento del call center.
Il passo successivo: la valorizzazione dei dati
Nel paragrafo precedente abbiamo riportato cinque indicatori comuni nel contesto del call center. Posta la loro indubbia utilità, è anche vero che essi forniscono indicazioni piuttosto generiche. Questi KPI, infatti, non possono andare al di sotto della superficie, né tantomeno identificare la causa delle loro rilevazioni. Inoltre, le imprese hanno difficoltà a capire quali siano le performance cui ambire: per esempio, è sempre vero che i tempi delle telefonate debbano essere minimizzati? È possibile che a un limitato aumento di durata delle call corrisponda una crescita sostanziale delle vendite? Occorre in ogni caso riferirsi ai benchmark di mercato per definire gli obiettivi dei KPI?
Ogni azienda è un mondo a sé, e il concetto della standardizzazione dei KPI non è ottimale. L’arricchimento e la valorizzazione dei dati, tra cui quelli non strutturati come le telefonate, possono fornire indicazioni di estremo valore poiché contestualizzate nella realtà aziendale e indirizzate verso i suoi reali obiettivi. Valorizzando i dati è possibile non solo comprendere le cause di indicatori “standard” poco performanti, ma anche crearne di nuovi e specifici (con nuovi algoritmi, grafici e mappe), oppure adottare un approccio predittivo e capire fino a che punto sia possibile spingere le performance della struttura con le risorse disponibili.
È l’analisi dei dati, di cui un call center è ricco per definizione, che permette al customer service manager di comprendere davvero le modalità di funzionamento e le performance della struttura, andando al di là dei KPI standard e contestualizzando ogni rilevazione, così da ottenere il beneficio congiunto della riduzione dei costi e dell’incremento di produttività.