Massimizzare le performance del contact center, supportare ogni processo decisionale, adottare un approccio predittivo e comprendere la Voice of the Customer: questi, in sintesi, sono i motivi per cui le aziende si affidano sempre di più ai contact center big data analytics.
Parlando di analisi dei big data, conta moltissimo la progressiva trasformazione del call center in contact center e la pervasiva digitalizzazione dei canali di contatto. Viviamo infatti nell’era dell’omnicanalità: contattare l’azienda significa sì fare una telefonata, ma anche chattare con un bot, inviare un’e-mail, scrivere in chat con un operatore, fare una video-call con un tecnico e via dicendo. La moltiplicazione dei canali di contatto ha creato nuove sfide per i customer service manager e per gli operatori, ma ha anche estremizzato la quantità di dati a disposizione delle aziende, da cui i (giusti) investimenti rivolti alla loro valorizzazione. Grazie ai contact center big data analytics, le aziende possono comprendere perfettamente le proprie dinamiche di funzionamento, i punti di forza e le eventuali sacche di inefficienza, così da prendere decisioni mirate (data-driven) volte all’ottimizzazione del servizio.
Il tema è strettamente connesso a quello dei KPI del contact center, anzi ne rappresenta una logica e utile estensione. Quasi tutti i contact center, infatti, adottano da sempre indicatori come i tempi medi di risposta, la durata media dell’interazione, First Call Resolution (FCR) e via dicendo. Si tratta solitamente di indicatori quantitativi che offrono un quadro di sintesi sull’efficacia e l’efficienza della struttura. Contact center big data analytics è il passo successivo, poiché – semplificando - non si limita a considerare la durata media delle telefonate e a confrontarla con i benchmark di mercato, ma prende l’indicatore tradizionale e va più in profondità cercando di evidenziarne le cause o, in ogni caso, di estenderne la portata con indicazioni di maggior dettaglio.
Fare contact center big data analysis significa, a titolo d’esempio, analizzare dati non strutturati come le parole, i silenzi e il tono di voce per capire se gli agenti soffrano di lacune di preparazione rispetto ad aree specifiche dell’offerta o se siano stati correttamente aggiornati delle ultime novità, così da affiancarli con eventuali sessioni di formazione ad hoc. Non solo: esaminare le interazioni significa capire in che modo gli agenti migliori ottengono performance di vendita eccellenti su certi prodotti e servizi, modificando di conseguenza gli script per tutti, oppure comprendere chi è particolarmente abile nella gestione di determinate situazioni, così da indirizzargli richieste specifiche. Si potrebbe andare avanti all’infinito: l’analisi dei dati permette infatti di evidenziare le performance delle piattaforme tecnologiche usate dal contact center e se siano effettivamente idonee a garantire una buona customer experience, ma anche quale sia la durata “giusta” di un’interazione poiché valutata su situazioni reali e non sul già citato confronto di una media con un benchmark di mercato.
In aggiunta a tutto ciò, contact center big data analytics fa rima con voice of the customer: l’analisi dei dati non strutturati, e in particolare quelli delle interazioni, fa capire quanto l’azienda sia in grado di garantire una customer experience eccellente a 360 gradi, quindi andando ben oltre le sole performance del contact center. Qui l’analisi dei dati riguarda il sentiment dei clienti rispetto a prodotti e servizi, ma può anche evidenziare l’efficacia delle strategie di marketing e comprendere i trend di consumo che impattano su tutta l’azienda, dalla produzione al marketing, dalle vendite alla logistica.