La relazione tra chatbot e customer experience è sempre più stretta. Percepiti inizialmente come (pura) opportunità di saving, gli assistenti virtuali hanno un impatto fortissimo sulla qualità dell’esperienza, da cui deriva la soddisfazione e la fidelizzazione del cliente. Le imprese hanno l’onere – tutt’altro che banale – di adottare correttamente i chatbot all’interno dei processi e delle relazioni con i clienti, nella consapevolezza che ogni errore può allentare la fiducia e favorire i competitor.
L’evoluzione tecnologica permette ai chatbot di gestire molte più interazioni di un tempo, ma soprattutto di rilevare, analizzare e condividere informazioni preziose, con cui ottimizzare il servizio clienti e perfezionare il customer journey.
Tuttavia, la tecnologia è solo uno dei pilastri di un percorso che va architettato e governato correttamente in tutte le sue fasi, adottando sempre un approccio graduale. ComApp, infatti, non si pone come fornitore di tecnologia bensì come partner di tutte le imprese che intendono modernizzare il contact center e creare customer experience straordinarie, nella quali i chatbot possono avere un ruolo centrale.
Da sempre, suggeriamo di non accelerare troppo il processo di adozione e di pianificare sempre a lungo termine, definendo in modo corretto gli obiettivi senza introdurre complessità non affrontabili. In una prima fase, bisogna decidere il posizionamento del chatbot nel customer journey, capire che tipo di interazioni possa gestire e come si debba relazionare con gli agenti. Poi, vanno progettate e disegnate le conversazioni, avendo cura di intercettare le esigenze dei clienti.
Così come esiste una chiara relazione tra chatbot e customer experience, lo stesso esiste tra l’assistente virtuale e l’intelligenza artificiale, che di fatto rappresenta il principale elemento di evoluzione tecnica e ha la responsabilità di migliorare progressivamente le performance del bot e la customer experience. Parliamo quindi di un miglioramento a 360 gradi: interazione con il cliente, customer journey e potenziamento degli agenti. AI interviene fin da subito in diversi modi, ma in particolare attraverso:
Una volta avviato il bot e misurate le performance, l’azienda può aggiungere funzionalità, estendere il target, aumentare le interazioni gestite e rivedere il rapporto con gli agenti, permettendo ai chatbot una maggiore indipendenza e un impatto molto più profondo sulla CX.
A prescindere da dove ci si trova nel percorso di adozione, suggeriamo di misurare costantemente i risultati, poiché il miglior benchmark dell’azienda è sempre se stessa. Il ruolo di AI si consolida strada facendo e il suo impatto diviene centrale anche rispetto agli altri operatori del contact center. Per esempio, l’intelligenza artificiale può essere sfruttata per:
Infine, i clienti chiedono empatia, cioè la capacità di porsi in modo corretto nei confronti delle loro esigenze, delle necessità e anche dello stato d’animo. L’obiettivo è dunque quello dell’approccio empatico al cliente lungo tutta la customer experience.
Tre i fattori che incidono su questo obiettivo: una corretta collaborazione tra chatbot e operatori, la costruzione di risposte ‘empatiche’ sulla base del journey e la proattività. L’intelligenza artificiale ha un ruolo primario in quest’ambito a causa delle sue spiccate doti predittive. L’analisi di diverse fonti di dati (conversazioni, sistemi aziendali, comportamento sul sito web, storico degli acquisti, social…) permette infatti al contact center di intervenire proattivamente con l’attività giusta (da una promozione a una richiesta di interazione via chatbot) e di anticipare le mosse del cliente con informazioni corrette e di qualità, ottimizzando tutta l’esperienza.