Hybrid cloud: cosa conviene portare sulla nuvola e cosa invece no

Il modello di Cloud Ibrido, o Hybrid Cloud, offre alle aziende possibilità praticamente illimitate. La possibilità di utilizzare una strategia multi vendor, infatti, permette di scegliere in completa libertà i servizi migliori sul mercato. Questo amplia le opportunità di progettazione dell’infrastruttura IT, rendendo possibile portare sulla nuvola ogni asset aziendale.

Questo, tuttavia, apre a una sfida completamente nuova: scegliere con attenzione e consapevolezza quali servizi, risorse e asset trasferire in Cloud. Per comprendere meglio perché si tratta di un tema non banale, affidiamoci alla definizione di Gartner, secondo la quale l’Hybrid Cloud Computing “si riferisce alla fornitura, l'utilizzo e la gestione di servizi, coordinati e basati su policy in un insieme di soluzioni cloud interne ed esterne”.

Quindi, nella gestione coordinata di una infrastruttura IT aziendale, è indispensabile anche stabilire le priorità con cui applicare le decisioni, sulla base delle necessità espresse dai diversi stakeholder. Questo nuovo scenario conduce alla domanda di apertura: cosa conviene portare sulla nuvola?


Lo scenario dell’Hybrid Cloud in Italia

Il moltiplicarsi delle opportunità è senza dubbio un fatto positivo, ma può condurre a un allungamento dei processi decisionali. E se l’Hybrid Cloud rimane stabilmente la seconda miglior scelta nelle strategie di Cloud Computing delle aziende, non trattandosi di una operazione monolitica, richiede un livello di consapevolezza e di analisi preliminare adeguato per poter rivelare tutto il suo potenziale. Decidere quali servizi e in quale ordine migrare è una priorità assoluta: da questo, infatti, dipende il successo dell’intera strategia aziendale.


Cosa conviene portare sulla nuvola e cosa no?

Dare una risposta a questa domanda in termini assoluti significherebbe, di fatto, ignorare il dato più importante e basilare per qualsiasi strategia: il driver prioritario deve essere il rispetto delle specificità aziendali. Non è possibile, infatti, applicare con successo un modello stabilito a priori, sulla base di progetti precedenti o buone pratiche astratte. Si rende quindi necessario, vista la complessità del tema, farsi accompagnare da un partner preparato che sappia guidare l’azienda lungo un percorso efficace e funzionale.

Oggi il Cloud è una tecnologia consolidata, seppur in continua evoluzione, ma la sua adozione anche in contesti Enterprise è più che decennale. Per questo motivo, i system integrator e i fornitori di servizi di maggiore esperienza hanno avuto modo di costruire una serie di metodi e processi consolidati, che permettono di progettare modelli di Cloud ibrido sempre più personalizzati ed efficaci.

Qualsiasi decisione sulla migrazione di servizi o asset verso il cloud, per esempio, deve fondarsi su una analisi dei bisogni. Identificare i driver decisionali alla base delle scelte strategiche e soprattutto le priorità dell’azienda. Da questa prima analisi sarà possibile una strategia specifica per il caso in esame. Per esempio, una delle necessità più comuni, ovvero la salvaguardia degli asset digitali aziendali, può essere perseguita seguendo diverse strade, dalla migrazione verso sistemi documentali cloud-based alla creazione di backup in Cloud. La decisione strategica, tuttavia, è demandata a una serie di parametri specifici, che vanno dalla tipologia di tali asset, passando dai processi di gestione documentale e dagli strumenti utilizzati, fino ad arrivare alla qualità della connettività aziendale e alla necessità o meno di accesso per operatori fuori sede. Ecco perché la mappatura dei bisogni è un’operazione mai banale, che deve essere considerata come prioritaria.


Costruire un progetto di migrazione all’Hybrid Cloud efficace

Una volta identificate le necessità e le priorità, un altro passaggio fondamentale è la creazione di una roadmap, condivisa con gli stakeholder del progetto. Anche questo passaggio richiede particolare attenzione. Non si tratta, infatti, di stilare una semplice lista sulla base delle priorità identificate. Occorre, anzi, un considerevole sforzo analitico per gestire le singole operazioni anche sulla base della fattibilità oggettiva.

Sappiamo che una migrazione verso il Cloud, soprattutto se ibrido, è anche una operazione di change management. In quest’ottica, per gestire il cambiamento con successo è indispensabile che i risultati siano quanto più possibile tangibili, e il tempo di attuazione è un metro di tangibilità universalmente riconosciuto.

Per questo motivo è necessario che le priorità aziendali siano opportunamente mediate con la fattibilità di ciascuna necessità identificata. In questo modo si potrà condurre l’azienda verso l’uso del nuovo Hybrid Cloud in modo graduale, avendo la possibilità di dedicare la giusta attenzione ad ogni servizio, verificandone e soprattutto potendo dimostrare l’efficacia del progetto in tempi ragionevolmente brevi, senza costringere l’azienda a lunghi tempi di attesa che possono nascere quando si decide di iniziare dalle implementazioni più complesse.

Mediare fra priorità e fattibilità è, insomma, il metodo più efficace, con un importante vantaggio sul piano operativo: permette infatti al personale, anche a quello tecnico, di apprendere gradualmente le specificità e i vantaggi offerti da ogni vendor scelto, in una formazione sul campo impossibile con approcci più radicali.


L’Hybrid Cloud a misura di ciascuna azienda

In definitiva, anche se non è possibile stabilire a priori cosa sia preferibile portare sul Cloud in modo generalista, è invece possibile stabilire come portare asset e servizi in modo efficace: un approccio lean, termine che ricorre sempre più nella transizione digitale, e soprattutto olistico: considerare all’interno dell’equazione in modo non esclusivo priorità e complessità consente di costruire la strategia perfetta per ogni azienda.


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